giovedì 6 gennaio 2011

"Chi non conosce il passato è condannato a ripeterlo."



Scritto e pubblicato per la prima volta nel 1970 da "un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare", 'La strage di Stato' è una controinchiesta sulla strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969, convenzionalmente ritenuta il primo evento della famigerata "strategia della tensione"; nato per demolire la versione ufficialmente sostenuta in quegli anni al riguardo (che la colpevolezza fosse da attribuirsi agli anarchici e, più in generale, al movimento antagonista), questo libro rimane oggi un prezioso strumento per comprendere le dinamiche "di dominio" tuttora messe in atto da uno Stato che, mentendo, si dipinge come "democratico".


Dalla prefazione all'edizione del 1999:

« Questo, infatti, non è un libro dietrologico. Non ricostruisce fatti scegliendo solo gli avvenimenti che possono far comodo alla versione che si intende sostenere. Non chiude gli occhi di fronte alla violenza dicendo - cioè mentendo - che "la violenza è solo fascista". Sa vedere e distinguere la violenza dei fascisti, quella dello Stato e anche quella del movimento antagonista. Se c'è conflitto - sembra banale dirlo, ma a molti suona oggi quasi come un'eresia - i colpi si prendono, ma si danno anche. Questo libro non ha insomma nulla a che spartire con quella subcultura della "teoria del complotto universale" fiorita negli anni successivi. Gli autori non cadono mai nella trappola del "doppio Stato", cara ai dietrologi (pseudo-storici) di ascendenza Pci che si sono, al massimo, limitati a definire le stragi come semplicemente fasciste. Non credono insomma che in Italia sia mai esistito uno "Stato buono" che conviveva conflittualmente con quello "cattivo". Lo Stato era ed è soltanto uno: l'apparato (i servizi, la polizia, i carabinieri, la magistratura, ecc.) non si muove indipendentemente dal potere politico. Ma lo Stato non è neppure la riproduzione organizzata delle molteplici presenze politiche in parlamento. Esistono anche nell'apparato i "sinceri democratici" o semplicemente i funzionari onesti. Ma la controinchiesta svela senza possibilità di errore come i secondi vengano sempre rimossi, sostituiti, allontanati, quando la loro opera non coincide con le finalità dell'azione generale dell'apparato.
Senza la teoria del "doppio Stato" non ci può essere dietrologia. La dimostrazione di una simile affermazione sta tutta nel fatto che quasi quattro anni di governo di centrosinistra (la stessa formula in vigore nel '69, ma con in più una fetta consistente dell'ex Pci) e un ministro dell'interno ex "comunista" (Giorgio Napolitano) non hanno fatto uscire dagli archivi una sola notizia in più sulle stragi e i loro autori. Quando i dietrologi sono andati al governo, insomma, la verità sulle stragi è rimasta occultata esattamente come prima. Il che dimostra non solo la loro malafede, ma l'inattendibilità stessa della teoria. In questo senso 'La strage di Stato' è un libro sull'irriformabilità democratica dello Stato, quanto meno di questo paese, sul suo consistere reazionario indipendentemente dal succedersi di governi che se ne servono senza mai metterlo in discussione. »


Al seguente link potete trovare l'intera opera (con le premesse ai singoli capitoli aggiunte nell'edizione del 1971): http://www.ecn.org/ponte/mediateca/stragedistato.pdf

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